Dopo qualche divagazione, oggi concludiamo la saga di Anne Jacobs con la recensione dell’ultimo capitolo: Ritorno alla Villa delle Stoffe.
Come sapete, negli scorsi articoli abbiamo parlato dei volumi precedenti La Villa delle Stoffe, Le ragazze della Villa delle Stoffe e L’eredità della Villa delle Stoffe.

Ritorno alla Villa delle Stoffe è il quarto e ultimo libro della saga improntata sulla famiglia Melzer (i proprietari della villa e della fabbrica di stoffe) e su tutte le persone che la circondano.
Anche questa volta la famiglia dovrà affrontare una serie di situazioni difficili: la crisi dell’azienda, l’ingente debito con la banca, la malattia di Paul (il capostipite dei Melzer), il rischio di dover licenziare il personale ed essere costretti a vendere l’amata villa. Quando tutto sembra ormai deciso Alicia Melzer (la madre di Paul), i domestici e perfino una zia che abita nella lontana Pomerania uniscono le loro forze per far fronte alle spese e salvare tutto ciò che hanno, in un commovente gesto di generosità.
Per rendere le cose ancora più drammatiche, iniziano in questo periodo le prime rappresaglie antisemite (siamo nel 1930), che vedono anche la famiglia Melzer coinvolta in modo marginale. Tra le persone colpite, infatti, troviamo il miglior amico di Leo (figlio di Marie e Paul) e sua madre, sarta presso l’atelier di Marie Melzer.
La saga de La Villa delle Stoffe ha inizio alle porte della Prima Guerra Mondiale e si conclude negli anni ’30, un periodo di tremenda crisi economica e di crollo dei valori (epoca in cui è ambientato proprio Ritorno alla Villa delle Stoffe). L’autrice Anne Jacobs ha saputo rendere i personaggi reali, dando a ognuno di loro una caratteristica distintiva e una personalità unica. Le battute divertenti e gli episodi drammatici sono equilibrati e legati da uno stile di scrittura fluido, che vi regalerà il piacere di scoprire la storia una pagina dopo l’altra.
Un libro in una frase: le difficoltà aiutano a crescere e a capire i valori della vita. Combattendo insieme per un unico intento, per ciò che è giusto, non si può che vincere.